Biomassa

[row][h2]Biomassa[/h2]

Si intende per biomassa “la frazione biodegradabile dei prodotti, rifiuti e residui di origine biologica provenienti dall’agricoltura (comprendente sostanze vegetali e animali), dalla silvicoltura e dalle industrie connesse, comprese la pesca e l’acquacoltura, nonché la parte biodegradabile dei rifiuti industriali e urbani”. Questa è la formulazione prevista dalla Direttiva Europea 2009/28/CE, ripresa da tutta la legislazione ad essa riferente. E quindi, anche se sulla definizione stessa di biomassa vi sono e vi sono stati giudizi non univoci, essa è, al momento, quella universalmente più accettata. In effetti, il concetto di biomassa che si trova in letteratura presenta differenze più o meno forti. Sostanzialmente, si possono dividere le biomasse in due gruppi:

  • Concetto di biomassa dal punto di vista ecologico
  • Concetto di biomassa dal punto di vista energetico: le biomasse sono forme biotiche che possono essere usate come fonti di energia .

Si possono definire “biomasse” quei prodotti di origine forestale o agricola (includendo i loro residui ed escludendo i rifiuti urbani o zootecnici), provenienti cioè da colture, energetiche o tradizionali. Le biomasse ed i combustibili da esse derivate emettono nell’atmosfera, durante la combustione, una quantità di anidride carbonica più o meno corrispondente a quella che viene assorbita in precedenza dai vegetali durante il processo di crescita. L’impiego delle biomasse ai fini energetici non provoca quindi il rilascio di nuova anidride carbonica , principale responsabile dell’effetto serra.

Le biomasse possono essere caratterizzate da 3 diversi criteri:

  • il contenuto di acqua (la biomassa si trova in condizioni fresche o è stata asciugata?)
  • la sua origine (la biomassa proviene da piante, animali?)
  • vitalità (ci sono organismi morti o vivi al suo interno?)

Biomasse secondo origine:

  • Fitomassa: la biomassa proviene da piante
  • Zoomassa: la biomassa proviene da animali
  • Biomassa microbica: la biomassa proviene da microorganismi

Biomassa secondo vitalità.

  • Biomassa vivente: è costituita da elementi viventi
  • Biomassa morta: è costituita da elementi morti

Resa energetica

Le piante hanno la capacità di trasformare l’energia solare in energia chimica. Questo processo può avvenire mediante la seguente reazione

  • Acqua + anidride carbonica + energia —> carboidrato + ossigeno

L’efficienza energetica globale della formazione di carboidrati è rappresentata da

  • il rapporto tra biomassa ottenuta ed energia solare disponibile che dipende anche dalla quantità di radiazione intercettata e dall’efficienza della fotosintesi.

L’efficienza energetica della fotosintesi dipende dal percorso seguito a livello di percorso molecolare ( si possono distinguere tra piante di tipo C3 e di tipo C4)

 

Composizione delle biomasse

La biomassa è composta principalmente da organismi vivi o morti, che a loro volta sono costituiti da una varietà di composti diversi. I composti quantitativamente più importanti possono essere raggruppati in tre classi di composti:

  • Carboidrati: costituiscono la maggior parte della biomassa e sono composti da carbonio, ossigeno e idrogeno. Essi sono, per esempio, come monomero (zucchero monosaccaride o semplice), glucosio (destrosio), disaccaride (zucchero matrimoniale), saccarosio (zucchero di canna o barbabietola) o un polisaccaride (zucchero multipli), amido e cellulosa;
  • Grassi;
  • Proteine.

Produzione di biomassa a scopi energetici

Le biomasse incidono sul 15% degli usi energetici primari nel mondo (55 milioni di TJ/anno).         I paesi in via di sviluppo ricavano il 38% del loro fabbisogno energetico dalle biomasse.[/row]

Fonte: wikipedia

NUOVA TARIFFA FLAT PER LE POMPE DI CALORE

[row][h2]NUOVA TARIFFA FLAT PER LE POMPE DI CALORE[/h2]

Attualmente in Italia sono installate circa 400mila pompe di calore alimentate a elettricità, pari a circa l’1,5% del totale degli impianti di produzione termica installati negli edifici italiani.

Se le pompe di calore non sono di più in Italia è anche perché  la loro diffusione è stata ostacolata da una bolletta elettrica troppo salata basata su una tariffa progressiva che finisce per penalizzare la fascia di consumo più elevata, cioè quella di cui fanno inevitabilmente parte i possessori di pompa di calore.

Per aggirare il problema della bolletta salata molti utenti hanno fatto ricorso all’espediente di installare un secondo contatore dedicato esclusivamente alla pompa di calore, ma dal 1 luglio 2014 questo non sarà più necessario. Le cose stanno infatti cambiando in una direzione che certamente favorisce un’adozione su scala più vasta di una tecnologia, la pompa di calore, utilizzabile con efficienza per il riscaldamento e la produzione di acqua calda ma anche per il raffrescamento nella stagione calda.

LA NUOVA TARIFFA FLAT PER LE ABITAZIONI DOTATE DI POMPA DI CALORE

L’Autorità per l’Energia Elettrica ed il Gas con la Deliberazione dell’8 maggio (205/2014/R/EEL) ha previsto a partire dal 1° luglio 2014 l’introduzione in via sperimentale di una tariffa elettrica flat agevolata, D1, della quale potranno beneficiare i privati che utilizzano nell’abitazione di residenza pompe di calore elettriche come unico sistema di riscaldamento.

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REQUISITI PER POTER ACCEDERE ALLA TARIFFA D1

Per poter accedere alla sperimentazione, i clienti titolari di utenze domestiche in bassa tensione devono possedere i seguenti requisiti:

• essere dotati di contatore elettronico telegestito installato e in servizio;

• utilizzare nella propria abitazione di residenza anagrafica un sistema di riscaldamento unico a pompa di calore, entrato in funzione non prima del 1° gennaio 2008;

Per “pompa di calore” si intende “una pompa di calore elettrica che possiede i requisiti prestazionali minimi di cui all’allegato H del ‘decreto edifici’ [Dm 19 febbraio 2007, ndr] richiesti per gli incentivi fiscali del 65% o, in alternativa, rispetta i criteri di ammissibilità di cui all’allegato II del decreto 28 dicembre 2012.”

Il sistema di riscaldamento deve essere “formato da una o più pompe di calore e sono ammesse esclusivamente integrazioni da generatori di calore alimentati a fonti rinnovabili.”

• fornire il proprio consenso all’effettuazione di verifiche e controlli anche presso la propria abitazione;

• essere controparti di un contratto di vendita di energia elettrica con un venditore aderente.

I venditori del mercato libero possono valutare se offrire ai propri clienti la possibilità di aderire alla sperimentazione, mentre per i venditori del servizio di maggior tutela si tratta di un obbligo.

MODALITA’ DI ADESIONE

Alla sperimentazione si potrà  aderire, su base volontaria, nel periodo compreso tra il 1° luglio 2014 e il 31 dicembre 2015 attraverso una richiesta inoltrata al venditore di energia elettrica, utilizzando una modulistica il cui fac simile sarà reso disponibile dall’Autorità entro il 20 maggio 2014.

TARIFFA D1: UN RICONOSCIMENTO DEL CONTRIBUTO DELLE POMPE DI CALORE AL RAGGIUNGIMENTO DEI NUOVI OBIETTIVI DELL’UNIONE EUROPEA

Con l’introduzione della tariffa D1 alla tecnologia viene finalmente riconosciuto il contributo essenziale che può dare allo sviluppo delle energie rinnovabili e al raggiungimento degli obiettivi di efficienza energetica, un punto molto importante anche alla luce della recente proposta da parte dell’Unione Europea di ridurre le emissioni nocive del 40% dai livelli del 1990 entro il 2030 e di portare la quota di energia da fonti rinnovabili ad almeno il 27% del totale nel 2030.[/row]

Riscaldarsi risparmiando con la pompa di calore

[row][h2]CHE COS’E’ UNA POMPA DI CALORE[/h2]

La pompa di calore è un modo di riscaldare un ambiente (sia esso una casa o un ufficio)
alternativo alle tradizionali caldaie; si tratta di uno dei tanti frutti – sottovalutati – della
genialità umana; perlomeno, è sottovalutato qui da noi in Italia, mentre la situazione
altrove – tanto per rimarcare un luogo comune – è diversa.  Cosa usiamo per riscaldare le
nostre case in inverno? Molte cose, ma più o meno tutte sono cose che bruciano: gas,
nafta, legna, carbone… a parte l’elettricità, intendo, che pochi usano perché costa
carissima (e costa cara proprio perché non è fatta per bruciare).
La pompa di calore sfrutta un principio diverso: essa in pratica “aspira” calore dall’esterno,
e lo “butta” all’interno della casa. Spesso si sente dire che la pompa di calore, essendo
elettrica, costa certamente più di un impianto a metano o altro. Niente di più sbagliato: il
fatto che la pompa funzioni elettricamente è incidentale, potendo in teoria funzionare con
qualsiasi tipo di fonte di energia, poiché non è l’energia consumata che ci riscalda, bensì il
calore proveniente dall’esterno. Infatti, mentre far transitare il calore da un posto più caldo
ad uno più freddo è la cosa più facile del mondo (basta aprire la finestra!), per spostare
calore in direzione opposta si deve pagare qualcosa, sotto forma di energia. Così, la
nostra pompa di calore prende dall’esterno X calorie, e butta dentro casa X+Y calorie;
quell’Y è esattamente pari all’energia elettrica consumata dalla pompa di calore. E fin qui
nulla di male; ma il trucco sta nel fatto che X è normalmente maggiore di Y, e neanche di
poco!

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Capita la genialità del sistema? Il fatto è che qualsiasi caldaia o stufa brucia X calorie di
gas e produce meno di X calore; qualsiasi stufa elettrica consuma X energia (peraltro
molto più costosa di quella del gas!), e produce X calore; la pompa di calore, invece,
consuma X ma produce N volte X calore: da 3 a 5 volte di più.  Quel moltiplicatore di
energia resa “N” in termini tecnici viene chiamato COP: Coeficient Of Performance. Mentre
i climatizzatori di qualche anno fa e tuttora alcune case producono macchine con COP di
2,5÷3, ci sono climatizzatori che grazie ai nuovi gas, nuovi compressori, nuove tecnologie
hanno raggiunto valori di COP intorno a 5. La macchina per uso residenziale con
maggiore COP attualmente sul mercato ha un coefficiente di 5.42. Una pompa di calore
con COP maggiore di 3.6 è comunque una macchina di classe energetica A  cioè in grado di garantire un risparmio energetico e un rispetto verso l’ambiente superiore a qualsiasi
caldaia.

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LA POMPA DI CALORE CONVIENE ?   

Naturalmente stiamo parlando di utilizzo in riscaldamento perché nell’utilizzo in
raffrescamento, deumidificazione, depurazione non ci sono paragoni con altre macchine in quanto solo la pompa di calore può fare tutte queste funzioni in un’unica macchina. Per
dare una risposta a questa domanda dobbiamo per forza fare qualche conto. Il gas viene
pagato in metri cubi o calorie, mentre l’elettricità si paga in chilowatt; per confrontare le
due cose dobbiamo per prima cosa riportare le due misure a qualcosa di comune, in modo da confrontare “mele con mele”.  Una prima difficoltà, infatti, sta nel fatto che il gas lo paghiamo a metri cubi o a calorie, il gasolio a litri la legna a quintali, e l’elettricità a
chilowattora. Per fortuna, un fondamentale esperimento di fisica, noto come “esperienza di Joule”, ha stabilito l’equivalenza tra calore (calorie) e lavoro (Joule). In altre parole, una
caloria ed un Joule sono la stessa “cosa”, solo che si misurano con “metri” diversi. Per i
precisi, una caloria è pari a 4,18 Joule.  Un consumo di 1 Watt equivale ad 1 Joule al
secondo (il Joule è l’unità di misura del lavoro). Un chilowattora (kWh – quello che
paghiamo in bolletta) equivale al consumo di 1000 Watt per un’ora, ossia a 3.600.000
Joule (3.6 megaJoule). Un metro cubo di metano, bruciando, produce circa 9200 (grandi)
calorie; per lo meno questo ci dice la bolletta Italgas…  Ora abbiamo le conversioni
necessarie per mettere le bollette (previste) del gas e della luce l’una accanto all’altro,
confrontando il costo dell’elettricità e del metano (la “roba da bruciare” che costa di meno),
riferendo il costo ad una misura unica, ad esempio il kilowatt. Mediamente un metro cubo
di metano per uso riscaldamento costa, tra addizionali e tasse, 0.6 Euro al metro cubo ,
ovvero 0.6/9.2=0.065 euro a megacaloria (una megacaloria è pari a 1.000.000 di calorie).
Questo vuol dire che un kWh di energia ricavato dal gas costa 0.065*3.6/4.18=5.60 €
cent./kWh meno il rendimento dell’impianto, caldaia, tubi, etc… che per un buon impianto
può essere pari a 0.8 risulta che in un impianto di riscaldamento a metano costa 7.0 € cent. al kWh reso.
Se vogliamo confrontare una stufa a pellet abbiamo che il costo del pellet è di circa 0.23 €
al kg e rende circa 4600 kcal o 4.6 Mcal ovvero 0.23/4.6=0.05 € alla megacaloria. Questo
significa che un kWh di energia ricavata dal pellet costa 0.05*3.6/4.18=4.3 € cent./kWh meno il rendimento della stufa che può essere pari a 0.8 risulta che in un riscaldamento
con stufa a pellet costa 5.3 € cent al kWh reso; per la legna i risultati non cambiano.
Il costo di un kWh “elettrico”, a seconda del contratto, oscilla tra  i 12 e i 15 € cent (ma può
costare anche meno). Questo vuol dire che l’elettricità costa almeno due volte più del
metano; col che possiamo capire perché non convenga riscaldare la casa elettricamente.  Se però, come abbiamo detto, fornendo 1 kWh di elettricità ad una pompa di calore
riusciamo a generarne 4 o 5 di calore, le cose cambiano: se dividiamo per queste cifre il
costo di un kWh elettrico, otteniamo che il riscaldamento a pompa di calore oscilla tra i 3 e
i 4 € cent a kWh, cioè dal 25 al 50% in meno del metano!  Al risparmio sul combustibile
occorre sommare il risparmio sulla manutenzione periodica: infatti, mentre una caldaia
tradizionale o una stufa deve essere revisionata almeno ogni anno, una pompa di calore
ben installata e tenuta può lavorare per anni senza un avvertibile decadimento di
prestazioni. Infatti non vi è alcun obbligo di revisione.

Oltre al costo del combustibile, negli impianti di riscaldamento tradizionali, dobbiamo
sommare il costo dell’energia elettrica necessaria per far funzionare l’impianto (pompe,
valvole, caldaia, ventilatori fumi ecc.)  che possiamo stimare circa 200W cioè altri 3 €cent
per un impianto o stufa con una potenza media di lavoro di circa 8 kW, cioè il costo
dell’energia elettrica va ad incidere per minimo altri 0.3 €cent al kWh reso.
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IL CONTRATTO ENEL

Ovviamente installare una pompa di calore per riscaldare una casa, un ufficio o un
negozio comporta l’aumento della potenza contrattuale del contatore da 3kW a 4.5 o 6 kW,ma anche questo comporta dei benefici economici e funzionali. Sotto l’aspetto funzionale aumentando la potenza contrattuale si diminuisce la probabilità di distacco del contatore per sovraccarico, cosa molto fastidiosa e molto frequente con l’introduzione dei nuovi contatori. Sotto il profilo economico invece, contrariamente a quanto si pensi, più energia consumiamo meno ci costa. Per meglio comprendere ciò dobbiamo analizzare il costo del kilowatora che è composto da: una quota fissa + corrispettivo di potenza impegnata che è pari a 8.16 €/anno per il contratto D2 da 3 kW mentre è di 74.16 €/anno per il contratto UD4 da 4.5 kW, una quota al kWh che è suddivisa in aliquote diverse a seconda dei consumi.
In particolare abbiamo che per il contratto da 4.5 kW e consumi superiori ai 3000 scatti
(limite normalmente superato nelle abitazioni comuni) il costo è di 9.57 €cent/kWh meno
della metà del contratto da 3 kW e consumi di 3000 kwh/anno che è di 20.29 €cent/kwh. Inoltre ulteriori risparmi si possono avere con l’adozione della tariffa bioraria in base alla
quale negli orari notturni e nei sabato e domenica l’energia costa meno.  Ne consegue che
l’energia per far funzionare la P.D.C. ha un costo di 9.57 €cent/kWh (+IVA) addirittura più
bassa delle valutazioni fatte precedentemente.

LA POSSIBILITA’ DI DETRAZIONE FISCALE DEL 65% E RIDUZIONE DELL’IVA AL 10%

Altri vantaggi nell’installare una pompa di calore derivano dalle agevolazioni IRPEF e IVAper le ristrutturazioni edilizie. Infatti in base alla legge di stabilità 2014 è stata prorogata finoal 31/12/2014 la detrazione d’imposta del 65% e la riduzione dell’IVA al 10% (per gliimmobili a destinazione abitativa privata). Per poter usufruire di tali benefici l’agenzia delleentrate ci costringe a: inviare una comunicazione di inizio lavori con una serie didocumenti allegati – in alcuni casi comunicazioni per la sicurezza all’ ASL competente -,pagamento dell’importo con bonifico bancario. Infine bisogna precisare che, mentre ilbeneficio dell’ IVA al 10% è immediato, la detrazione di imposta va dilazionata in 10 anni.

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Quello che tutti devono sapere su Impianto solare termico

[row][h2]Quello che tutti devono sapere su Impianto solare termico [/h2]

In un impianto solare termico il fluido termovettore che circola all’interno dei collettori solari trasferisce tutto il calore captato ad un serbatoio di accumulo, dal quale viene prelevata l’acqua calda in funzione delle necessità. La circolazione del fluido è garantita da una elettropompa che viene attivata dalla centralina solo nel caso in cui la temperatura dell’acqua nei collettori è maggiore di quella all’interno dell’accumulo. In questo modo si ha la garanzia che l’impianto funzioni solo quando è in grado di fornire realmente energia termica all’utenza ma, soprattutto, si evita che attraverso i collettori, in mancanza di soleggiamento, venga dissipata l’energia termica accumulata.

I serbatoi di accumulo hanno in genere una doppia serpentina: quella posizionata in basso è collegata al circuito solare (all’interno del quale circola una miscela di acqua con antigelo), mentre quella posizionata in alto è collegata alla caldaia. Se l’impianto solare non è in grado di portare l’acqua alla temperatura desiderata (circa 40 °C), il calore fornito dalla caldaia attraverso la serpentina (sistema ausiliario) garantisce all’utenza la giusta integrazione.

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D.P.R. 380/2001, il Testo Unico sull’Edilizia aggiornato ad Aprile 2014

[row][h2]D.P.R. 380/2001, il Testo Unico sull’Edilizia aggiornato ad Aprile 2014[/h2]

Il Testo Unico sull’Edilizia (D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380), è un provvedimento normativo che detta e coordina, in un unico volume, i principi generali e fondamentali e le disposizioni legislative e regolamentari in materia di attività edilizia.

Tra le novità di maggior rilievo introdotte dal D.P.R. n. 380 rispetto alla precedente normativa spiccano:

–  l’istituzione del SUE (Sportello Unico dell’Edilizia) con l’intento di creare, nel caso di intervento edilizio, un unico canale di interfaccia tra amministrazione pubblica e cittadino svincolando quest’ultimo dall’obbligo di presentare varie istanze in vari uffici competenti per territorio o per determinati aspetti;

–  l’abolizione di alcuni atti amministrativi (Autorizzazione edilizia e Concessione edilizia, sostituiti dal Permesso di Costruire) al fine di velocizzare notevolmente i tempi per l’esecuzione delle opere;

–  l’ampliamento dell’applicazione della denuncia di inizio attività (DIA), oggi in parte sostituita dalla segnalazione certificata di inizio attività (SCIA), per agevolare e snellire il procedimento relativo a pratiche edilizie, di minor peso urbanistico, sull’attività edilizia che si svolge sul territorio.

 

Il Testo Unico sull’Edilizia disciplina, nello specifico, i seguenti aspetti dell’attività edilizia:

  • le tipologie di interventi edilizi (manutenzione ordinaria, manutenzione straordinaria, restauro e risanamento conservativo, ristrutturazione edilizia, nuova costruzione, ristrutturazione urbanistica);
  • i titoli abilitativi rilasciati dal Comune (Permesso di Costruire, DIA, ecc.);
  • le caratteristiche e le funzioni delle Commissioni Edilizie;
  • lo Sportello Unico per l’Edilizia;
  • gli oneri di urbanizzazione primaria e secondaria e il contributo di costruzione;
  • l’agibilità degli edifici;
  • le norme per la sicurezza degli impianti;
  • la vigilanza sull’attività urbanistica, le responsabilità e le sanzioni.

Come da tradizione degli organi politici italiani, il Testo Unico ha subito notevoli modifiche ed integrazioni nel corso degli ultimi anni che di certo non hanno semplificato il lavoro dei tecnici; si riporta, a titolo informativo, l’elenco di decreti e leggi che hanno modificato e integrato il D.P.R. n. 380 del 2001:

  • Legge 28 dicembre 2001, n. 448;
  • Legge 1 agosto 2002, n. 166;
  • D.lgs 27 dicembre 2002, n. 301;
  • D.lgs 1 agosto 2003, n. 259;
  • Legge 24 novembre 2003, n. 326;
  • D.lgs 22 gennaio 2004, n. 42;
  • D.lgs 29 marzo 2004, n. 99;
  • Legge 30 dicembre 2004, n. 311;
  • D.P.R. 9 novembre 2005, n. 304;
  • Legge 28 novembre 2005, n. 246;
  • D.lgs 22 febbraio 2006, n. 128;
  • D.lgs 12 aprile 2006, n. 163;
  • Legge 26 febbraio 2007, n. 17;
  • Legge 24 dicembre 2007, n. 244;
  • D.lgs 3 marzo 2011, n. 28;
  • Legge 22 maggio 2010, n. 73;
  • D.lgs 2 luglio 2010, n. 104;
  • D.P.R. 1 agosto 2011, n. 151;
  • Legge 12 luglio 2011, n. 106;
  • Legge 22 dicembre 2011, n. 214;
  • Legge 7 agosto 2012, n. 134;
  • Legge 9 agosto 2013, n. 98;
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Fotovoltaico 2014

[row][h2]Fotovoltaico 2014 [/h2]

Chi installa il Fotovoltaico nel 2014 riceve un impianto di ultima generazione, più efficiente e più longevo.Mettere in casa un piccolo impianto significa fare un investimento che si ripaga da solo in circa 4 anni e che può portare, al netto dei costi, un guadagno compreso tra i 21 e i 32mila euro.

Costa meno e occupa meno spazio

Un impianto adesso costa l’80% in meno di quanto costava nel 2005. E la detrazione fiscale al 50% dimezza ulteriormente il costo.I pannelli precedenti avevano un rendimento garantito per 20 anni, trascorsi i quali si registrava un calo dell’efficienza.Ma adesso i pannelli 2014 di ultima generazione offrono un rendimento di qualità per almeno 35 anni.

La novità dei mini-inverter

Gli impianti tradizionali hanno un unico inverter e basta un po’ d’ombra per abbattere la produttività di tutto l’impianto.Ma nel 2014 questo problema viene risolto con i mini-inverter, che in più riducono il costo dell’installazione perchè sono più semplici da montare.

Perché la ricerca sta facendo tanto per il Fotovoltaico

Una famiglia che mette il Fotovoltaico a casa fa del bene alla comunità perchè riduce le emissioni di CO2 di circa 1.300 kg all’anno e aiuta a combattere il cambiamento climatico.In più, sfruttare il sole che abbiamo in Italia significa contribuire a renderci indipendenti dalle importazioni di energia nucleare, di carbone, di petrolio e di gas.

2 consigli per evitare di guadagnare meno:

confronta le proposte di più installatori, perchè soluzioni e preventivi possono variare molto.

non valutare i preventivi solo in base al prezzo: scopri invece la soluzione che ti porta il maggior profitto.

La detrazione al 50% è ancora valida per tutto il 2014.

Le 7 cose che devi sapere prima
di investire in un impianto fotovoltaico

1. il sopralluogo. Richiedi sempre il sopralluogo da parte dell’installatore: è una fase fondamentale per capire quanto potresti guadagnare con il Fotovoltaico e quali sono le soluzioni migliori per il tuo caso specifico.

2. incentivi e detrazioni fiscali. Dopo il sopralluogo, fatti spiegare dall’installatore quale soluzione vede come più vantaggiosa e fai calcolare il beneficio economico che puoi ricevere.

3. il preventivo. Confronta sempre un preventivo dettagliato da più installatori e fatti spiegare da ciascuno quali sono i vantaggi tecnici ed economici della soluzione da lui individuata.

Il Fotovoltaico è un investimento: ciò che conta non è il prezzo in sè, ma il tuo possibile guadagno.

4. le pratiche burocratiche. Fatti spiegare dall’installatore quali sono le pratiche burocratiche per il tuo caso e in che modo ti aiuterà a seguirle, facendoti risparmiare tempo e togliendoti qualsiasi preoccupazione.

5. la manutenzione. Chiedi all’installatore quali saranno i costi di manutenzione e se possibile stipula con lui un contratto che li includa. I costi sono bassi, ma poichè la vita dell’impianto è di circa 30 anni, avere un manutentore che conosce bene l’impianto aiuta a ridurre le spese al minimo.

6. l’assicurazione. Verifica che il preventivo includa la copertura assicurativa.

7. lo smaltimento dei pannelli. Assicurati che il tuo installatore ti offra lo smaltimento gratuito dei pannelli fotovoltaici, come previsto per legge.

Tra tutti questi 7 punti, quello immediatamente più utile è il sopralluogo. Un preventivo svolto dopo un sopralluogo è un preventivo migliore, più intelligente e completo.

Altri modi per risparmiare energia in casa

Con l’aumento dei costi dell’energia, il risparmio energetico a casa costituisce sempre più un elemento importante per evitare gli sprechi e aumentare il comfort abitativo.Le soluzioni più frequenti per risparmiare energia sono la produzione di energia tramite fonti rinnovabili (come appunto il Fotovoltaico) e un miglior isolamento termico.Un miglior isolamento termico ti aiuta a rendere ancora più redditizio il tuo investimento in Fotovoltaico.

Per ottenere un miglior isolamento termico, spesso si utilizzano queste 2 soluzioni:

  • il cappotto termico
  • migliori infissi.
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pompa di calore e geotermico energia rinnovabile sostenibile

[row][h2]pompa di calore e geotermico energia rinnovabile sostenibile[/h2]

Con le pompe di calore, gli impianti geotermici sfruttano l’energia data dal terreno per soddisfare sia il fabbisogno termico (in riscaldamento) che quello frigorifero (climatizzazione) e si dividono principalmente in 3 sistemi diversi che sono.

  • collettore di superficie, adatto a piccoli immobili che abbiano un giardino dove interrare il collettore a scambio diretto ad una profondità di almeno 2 mt.
  • collettore in perforazioni verticali del terreno che possono essere superiori o inferiori a 100mt. La differenza di profondità nelle perforazioni è data dal fabbisogno termico dell’immobile e dal terreno.
  • circuito ad acqua freatica adatto per tutti gli immobili e potenze richieste, serve solo una discreta quantità di acqua e che ci sia tutto l’anno.

La resa altissima è data dal cop (coefficient of performance)

Con questi impianti non sono necessari:

  • la canna fumaria e il camino
  • l’allacciamento alla rete gas e i relativi impianti che siano per il metano, gpl, o gasolio
  • il controllo dei fumi per la caldaia e la pulizia
  • il locale “centrale termica” per gli impianti che superano i 35Kw
  • il terzo responsabile
  • sistemi di controllo fughe gas e locali dedicati

Si eliminano le spese fisse del contatore gas, e le tasse sulle tasse per sempre.

Integrando l’impianto geotermico con un impianto fotovoltaico e termico per la produzione di acqua calda, la necessità di energia da acquistare diventa secondaria, ma soprattutto non emettono inquinanti e sono deducibili dall’ Irpef per il 65% del loro costo max. 100.000 € con iva al 10%. Con le opportunità  del Conto Energia, le detrazioni fiscali del 65% per il solare termico e la possibilità di acquistare l’energia elettrica a costi ridotti, si riduce il tempo per ammortizzare l’impianto, quindi le spese di gestione dell’impianto per sempre.

Gli impianti geotermici sono installabili in qualsiasi luogo e altitudine, in edifici pubblici, ville, condomini, hotel, e ristoranti, dotati di riscaldamento a pavimento o/e parete o/e soffitto, e come unità trattamento aria (UTA), con particolare attenzione per la montagna, dove lo scarso apporto di ossigeno fa’ calare in modo considerevole la resa termica dei combustibili.

RISPARMIO

Risparmiate oltre il 60 % sulle spese di riscaldamento

L’energia contenuta nel suolo è gratuita e grazie alla geotermia domestica è sufficiente un apporto minimo di corrente elettrica per sfruttarla (figura 1), siete quindi i vostri stessi produttori di energia, svincolati dai continui cambiamenti dei mercati dell’energia fossile. Grazie a questa energia inesauribile, vi riscalderete tutto l’inverno quale che sia la temperatura esterna e risparmierete oltre il 60% sulle spese di riscaldamento.

image001  figura1

La geotermia domestica sfrutta infatti macchine ad alto rendimento che con un minimo di energia elettrica fornita consentono di trasferire nell’abitazione una enorme quantità di energia immagazzinata nel sottosuolo.

Ulteriore risparmio è dato dal rinfrescamento e dalla produzione di acqua calda sanitaria. Con le pompe di calore geotermiche si può produrre acqua calda sanitaria con un risparmio del 30% sull’arco dell’anno. Quando il sistema poi funziona in modalità rinfrescamento, il calore estratto dall’ambiente può essere utilizzato per scaldare l’acqua sanitaria ottenendo così acqua calda quasi gratuitamente.

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Il grafico riporta il confronto tra i principali sistemi di riscaldamento, ed è una stima dei costi su 20 anni. L’esempio si riferisce ad una abitazione di 120 m2 in zona climatica E.

Il risparmio reale ed i vantaggi economici che offre un impianto geotermico verranno confermati da un’analisi termica realizzata da uno studio di professionisti.
NB: esistono agevolazioni economiche per le spese sostenute nell’installazione di un impianto di riscaldamento geotermico, siamo a vostra completa disposizione per informarvi riguardo alle diverse possibilità.

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